LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI TORINO 
 
    Sezione 1 
    Riunita con l'intervento dei Signori: 
        Roggero Paolo, Presidente 
        Collu Luisella, Relatore 
        Matta Maria, Giudice. 
    Ha emesso la seguente ordinanza 
    Sul ricorso n. 2047/13 spedito il 2 agosto 2013 
    Avverso Diniego Rimborso n. 79357/13 Trib.Erariali 2011 Imp  Sost
contro: Ag.entrate direzione provinciale I di Torino 
    proposto dai ricorrenti: Mossetto  Anna  Paola  -  Corso  Giacomo
Matteotti 3 - 10121 Torino (TO) difeso da: De Vergottini Giuseppe Via
Santo Stefano 16 - 40125 Bologna (BO). 
    difeso da: Mazzoni Simone - Via Barberia 13 - 40123 Bologna BO. 
    difeso da: Verzelli Gabriele - Via Castiglione 47  40124  Bologna
BO. 
 
                  Fatto e svolgimento del processo 
 
    Alla data del 31 dicembre 2010 la  signora  Anna  Paola  Mossetto
deteneva, ai sensi del  comma  3-bis  dell'articolo  32  del  decreto
legislativo  78/2010  (convertito  con  legge  122/2010)   quote   di
partecipazione ai fondi denominati «Realest 1» e «Realvenice  1»  per
un controvalore di euro 2.044.116,00. 
    In relazione alle suddette quote di  partecipazione,  la  signora
dichiarava nel proprio modello Unico persone fisiche 2012 una imposta
sostitutiva dovuta su  tali  quote  di  partecipazione  pari  a  euro
102.205,00 e provvedeva ai relativi versamenti. 
    Con istanza protocollata in  data  22  marzo  2013,  la  Mossetto
chiedeva peraltro all'Agenzia delle entrate - Direzione provinciale 1
di Torino, il rimborso della predetta somma. 
    L'ufficio negava il rimborso con provvedimento 10 maggio 2013. 
    Avverso tale rifiuto proponeva ricorso la  signora  Mossetto  con
atto spedito in data 2 agosto 2013 e ricevuto da  questa  Commissione
tributaria provinciale in data 6 agosto 2013. 
    Nel ricorso la contribuente  svolgeva  una  serie  di  censure  e
sollevava questione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 32
comma 4-bis del decreto-legge 78/2010. 
    Si costituiva ritualmente la Direzione provinciale  di  Torino  1
con controdeduzioni in  base  alle  quali  chiedeva  di  disattendere
l'eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata nel ricorso  e
nel merito il rigetto dello stesso e  la  condanna  della  ricorrente
alle spese del giudizio. 
    La  ricorrente  in  data  24  gennaio  2014  presentava   memoria
illustrativa. 
    All'udienza del 7  febbraio  2014,  dopo  ampia  discussione,  la
Commissione decideva come da dispositivo. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    Le eccezioni di  illegittimita'  costituzionale  sollevate  dalla
ricorrente sono rilevanti e non manifestamente infondate nei  termini
di cui appresso. 
    Con  il  d.l.  70  del  2011,  convertito  in   legge   106/2011,
all'articolo 32 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.  122,  sono  state
apportate, tra l'altro, le seguenti modificazioni: 
    E'  introdotto  il  comma  3-bis,  che  recita:  «Ferma  restando
l'applicazione degli articoli 6, 8 e 9 del decreto-legge 25 settembre
2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23  novembre
2001, n. 410, ai fondi diversi da quelli di cui al comma 3, i redditi
conseguiti dal fondo e  rilevati  nei  rendiconti  di  gestione  sono
imputati  per  trasparenza  ai  partecipanti,  diversi  dai  soggetti
indicati nel comma 3,  che  possiedono  quote  di  partecipazione  in
misura superiore  al  5  per  cento  del  patrimonio  del  fondo.  La
percentuale di partecipazione al fondo e'  rilevata  al  termine  del
periodo d'imposta o, se inferiore, al termine del periodo di gestione
del fondo, in  proporzione  alle  quote  di  partecipazione  da  essi
detenute. Ai fini della verifica della percentuale di  partecipazione
nel fondo si tiene conto delle partecipazioni detenute direttamente o
indirettamente per il tramite di societa'  controllate,  di  societa'
fiduciarie o per  interposta  persona.  Il  controllo  societario  e'
individuato ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e  secondo,  del
codice civile anche  per  le  partecipazioni  possedute  da  soggetti
diversi dalle societa'. Si tiene altresi' conto delle  partecipazioni
imputate ai familiari indicati nell'articolo 5, comma  5,  del  Testo
unico delle imposte sui redditi di  cui  al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il partecipante e'  tenuto
ad attestare alla societa' di gestione del risparmio  la  percentuale
di possesso di quote di partecipazioni detenute ai sensi del presente
comma. Per i soggetti  che  possiedono  quote  di  partecipazione  in
misura non superiore al 5 per cento, individuate con i criteri di cui
al presente comma, nonche' per i soggetti elencati nel comma 3, resta
fermo il regime di imposizione dei proventi di cui  all'  articolo  7
del  decreto-legge  25  settembre  2001,  n.  351   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410». 
    Il comma 4 e' stato sostituito come segue: 
        «4. I redditi dei fondi imputati ai  sensi  del  comma  3-bis
concorrono alla formazione del reddito complessivo  del  partecipante
indipendentemente dalla percezione e proporzionalmente alla sua quota
di partecipazione. I medesimi redditi, se conseguiti da soggetti  non
residenti, sono soggetti in  ogni  caso  ad  una  ritenuta  a  titolo
d'imposta del 20 per cento, con le modalita' di  cui  all'articolo  7
del  decreto-legge  25  settembre  2001,  n.  351,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, al momento della
loro corresponsione. In caso di cessione, le quote di  partecipazione
indicate nel comma 3-bis sono assimilate alle quote di partecipazione
in societa' ed enti commerciali indicati nell'articolo  5  del  testo
unico delle imposte sui redditi di  cui  al  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  22  dicembre  1986,  n.   917.   Ai   fini   della
determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria si applicano
le disposizioni dell'articolo 68, comma 3, del citato testo unico. In
caso di cessione, il costo e' aumentato o diminuito, rispettivamente,
dei redditi e delle perdite imputati ai partecipanti ed  e'  altresi'
diminuito, fino a concorrenza degli risultati di  gestione  imputati,
dei proventi distribuiti ai partecipanti.  Relativamente  ai  redditi
imputati ai soggetti residenti ai sensi del  presente  comma  non  si
applica la ritenuta di cui  all'  articolo  7  del  decreto-legge  25
settembre 2001, n. 351 convertito con modificazioni  nella  legge  23
novembre 2001, n. 410". 
        "4-bis. I partecipanti, diversi da quelli indicati nel  comma
3, che alla data  del  31  dicembre  2010  detenevano  una  quota  di
partecipazione al fondo superiore al 5 per cento, determinata  con  i
criteri di cui al comma 3-bis, sono tenuti a corrispondere un'imposta
sostitutiva delle imposte sui redditi del  5  per  cento  del  valore
medio delle quote possedute  nel  periodo  d'imposta  risultante  dai
prospetti periodici redatti nel periodo d'imposta 2010». 
    Ritiene   la   commissione   di   dubitare   della   legittimita'
costituzionale della norma da ultimo citata, e  dunque  dell'articolo
32 comma 4-bis decreto legge 78/2010 convertito con  legge  122/2010,
nella versione introdotta dall'articolo 8 del decreto-legge  70/2011,
convertito  con  legge  106/2011,  stabilisce  che  "i  partecipanti,
diversi da quelli indicati nel  cornuta  3,  che  alla  data  del  31
dicembre  2010  detenevano  una  quota  di  partecipazione  al  fondo
superiore al 5%, determinata con i criteri di cui  al  comma  3  bis,
sono tenuti a corrispondere un'imposta sostitutiva delle imposte  sui
redditi nella misura del 5% del valore medio  delle  quote  possedute
nel periodo d'imposta risultante dai prospetti periodici redatti  nel
periodo di imposta 2010". 
    In relazione alla presente fattispecie va  subito  detto  che  il
presupposto impositivo previsto dall'articolo 32 decreto  legislativo
78/2010 e' pacifico, in quanto effettivamente al 31 dicembre 2010  la
signora  Mossetto  possedeva  quote  di   partecipazione   in   fondi
immobiliari di investimento. 
    Ella ha effettuato i pagamenti previsti dalla norma in  questione
ed e' pacifico che,  ove  questa  trovasse  applicazione  cosi'  come
formulata, nessun rimborso le sarebbe dovuto. 
    In questi  termini  va  pertanto  affermata  la  rilevanza  delle
questioni di costituzionalita' prospettate nel ricorso, in quanto  la
norma impugnata e' non solo inerente al presente giudizio ma deve  in
esso trovare applicazione, come del  resto  confermato  dalle  difese
delle parti. 
    Deve  ora  essere  affrontato  il  tema   della   non   manifesta
infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  della
norma di cui sopra, fermo restando che compete al  giudice  non  gia'
motivare in ordine ad una probabile incostituzionalita'  della  norma
denunciata ma esporre gli elementi in base ai quali appare  legittimo
dubitare della conformita' a costituzione della norma stessa; e fermo
restando  che  non   si   pongono   problemi   interpretativi   delle
disposizioni contenute nell'articolo  32  comma  4-bis  decreto-legge
78/2010 e che in nessun modo e'  possibile,  nella  fattispecie,  una
interpretazione adeguatrice che possa condurre a rimuovere i dubbi di
costituzionalita'. 
    Passando pertanto ad esaminare tale secondo presupposto,  osserva
la Commissione che i fondi  comuni  di  investimento  immobiliare,  a
norma dell'articolo 1 lett. j  del  decreto  legislativo  58/98  come
modificato dall'articolo 5  del  decreto-legge  351/2001,  non  erano
soggetti alle imposte  sui  redditi  ne'  all'Irap,  ma  al  semplice
versamento di un'imposta sostitutiva pari all'l% annuo calcolato  sul
valore netto del fondo (imposta abrogata con  decreto-legge  269/2003
ma reintrodotta con decreto- legge 112/2008). 
    Il titolare di quote del fondo, ai sensi  dell'articolo  7  dello
stesso decreto legge 351/2001 subiva, sui  proventi  derivanti  dalla
partecipazione ai fondi, una ritenuta del  20%  operata  direttamente
dalla societa' di gestione. L'imposizione veniva applicata quindi nel
solo caso di proventi percepiti dall'investitore, mentre costui nulla
doveva pagare per la mera detenzione della propria quota. 
    Come esattamente osservato  dalla  difesa  della  ricorrente,  il
trattamento fiscale agevolato  di  cui  alle  nonne  sopra  riportate
rispondeva palesemente all'interesse del  legislatore  allo  sviluppo
del  settore  immobiliare  con  uno  strumento  (i  fondi  comuni  di
investimento)  ritenuto  particolarmente  affidabile   sia   per   le
modalita'  di  amministrazione   (per   essere   il   fondo   gestito
nell'interesse dei partecipanti ma in autonomia rispetto ai medesimi)
sia per le caratteristiche dell'organo amministrativo,  rappresentato
da un soggetto istituzionale (SCR societa' di gestione del risparmio)
assoggettata ad obblighi di trasparenza e indipendenza  e  sottoposta
al controllo della Banca d'Italia. 
    L'interesse pubblico di cui  sopra  e  le  caratteristiche  dello
strumento per realizzarlo, oggetto  dell'intervento  legislativo  del
2001, non subirono mutamenti nel prosieguo e permanevano immutati nel
2010 e nel 2011, sicche' per cio' solo ben poteva dirsi che si  fosse
creato  un  legittimo   affidamento   del   ceto   dei   contribuenti
risparmiatori a che, in ossequio  al  criterio  costituzionale  della
ragionevolezza, la relativa  legislazione  non  subisse  rivolgimenti
radicali andando ad incidere su  situazioni  sostanziali  fondate  su
leggi anteriori (imposta calcolata sul valore netto del fondo)  e  su
uno dei presupposti fondamentali della tassazione  (base  imponibile:
non piu' il valore netto del fondo, ma il valore  medio  delle  quote
possedute dal risparmiatore) 
    Con  la  modifica  del  decreto-legge  31  maggio  2010   n.   78
(«Riorganizzazione della disciplina  fiscale  dei  fondi  immobiliari
chiusi)  operata  dal  decreto-legge  13  maggio  2011  n.   70,   il
legislatore ha invece radicalmente  innovato  la  disciplina  di  cui
sopra prevedendo al comma 4-bis (inserito  dall'articolo  8  comma  9
decreto-legge 70/2011 convertito in legge 106/2011) non soltanto  che
«i partecipanti... che alla data del 31 dicembre 2010 detenevano  una
quota di partecipazione al fondo superiore al 5%, determinata  con  i
criteri di cui al  comma  3-bis  (comprese  cioe'  le  partecipazioni
imputate   ai   familiari)   dovessero   «corrispondere    un'imposta
sostitutiva delle imposte  sui  redditi  nella  misura  del  5%,»  ma
soprattutto stabilendo con effetto retroattivo che  tale  imposta  in
tale misura si applicava sul «valore medio delle quote possedute  nel
periodo d'imposta risultante  dei  prospetti  periodici  redatti  nel
periodo di imposta 2010». 
    La norma pare contrastare  con  il  principio  di  ragionevolezza
riferito  al  paramento  dell'affidamento  dei  risparmiatori   nella
stabilita' dell'ordinamento giuridico e nella certezza  dei  rapporti
giuridici. 
    Non ignora la Commissione che l'affidamento del cittadino non  e'
stato ritenuto costituzionalmente tutelabile ai fini della  spettanza
di  agevolazioni  o  contributi   la   cui   attribuzione   postulava
valutazioni  e  scelte,  ampliamente   discrezionali,   di   politica
legislativa (sent. 11.374 del 2002). 
    Ed ancora, che tale affidamento non impedisce al legislatore  di'
emanare norme modificatrici della disciplina dei rapporti  di  durata
in senso sfavorevole per i beneficiari. 
    Ma occorre in ogni caso che tali disposizioni non  trasmodino  in
un regolamento irragionevole di  situazioni  sostanziali  fondate  su
leggi precedenti (sent, n.393 del 2000). 
    Ora, anche a non voler  ritenere  legittimo  un  affidamento  sul
mantenimento delle agevolazioni offerte  al  titolare  di  quote  dei
fondi comuni di investimento per circa un  decennio,  ben  potendo  i
contribuenti prevedere che  tali  agevolazioni  venissero  ridotte  o
addirittura eliminate, non e' chi non veda come gli stessi, e  quindi
anche la signora  Mossetto,  potessero  quanto  meno  fare  legittimo
affidamento sulla stabilita' del regime fiscale agevolativo  e  sulla
conseguente certezza che l'imposta sostitutiva, quand'anche aumentata
e di molto, venisse calcolata pero' sempre sul valore netto del fondo
e non gia' sul valore della propria quota. 
    L'art. 4-bis  introdotto  con  l'art.  8  comma  9  D.L.  70/2011
convertito  con   legge   106/2011   costituisce   un   irragionevole
revirement, soprattutto considerando che ancora nel 2010 (periodo  di
imposta di riferimento per  la  nuova  tassazione)  il  decreto-legge
78/2010, prima della modifica, con l'art. 4 aumentava  l'aliquota  ma
prevedeva che il prelievo (da parte della societa'  di  gestione  del
risparmio, a titolo di imposta sostitutiva delle imposte sui redditi,
pari al 5%) fosse applicato sempre sul valore netto  del  fondo  come
previsto dal legislatore del 2001,  e  tenuto  conto  del  fatto  che
ancora perduravano gli interessi di sviluppo del mercato  immobiliare
e  di  tutela  dei  risparmiatori  che   erano   oggetto   di   detta
legislazione. 
    Si  ravvisa  pertanto  nella  norma  in   esame   una   possibile
contrarieta' con l'art. 3 Cost. sia sotto il profilo dell'affidamento
sulla  stabilita'  dell'ordinamento  giuridico   e   in   particolare
dell'ordinamento tributario, sia  sotto  quello  della  certezza  dei
rapporti giuridici e della tassazione  in  particolare,  nonche'  una
possibile contrarieta' della predetta nonna con l'articolo  97  della
Costituzione  (buon  andamento   e   imparzialita'   della   pubblica
amministrazione). 
    Il principio di  affidamento  e  di  buona  fede  deve  ritenersi
immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico, e costituisce  uno
dei  fondamenti  dello   Stato   di   diritto   nelle   sue   diverse
articolazioni, limitandone l'attivita' legislativa  e  amministrativa
(Cass. 21513/2006; 7080/2004, ed altre). 
    Il principio ha trovato una  esplicita  applicazione  in  materia
tributaria con l'articolo 10 comma 1 legge 212 del 2000 (Statuto  del
contribuente). 
    Per quanto non esista un divieto costituzionale all'emanazione di
leggi tributarie retroattive, qualora tali norme, come  nel  caso  di
specie, vengano effettivamente emanate, il principio della tutela del
legittimo affidamento costituisce  uno  dei  fondamentali  valori  di
civilta' giuridica che deve essere salvaguardato,  mentre  e'  dubbio
che cio' sia avvenuto da parte dell'art. 32 comma 4-bis in  questione
come modificato. 
    Si dice  che  la  norma  era  necessaria  e  urgente  per  motivi
sostanzialmente di deficit erariale impellente. 
    Ma, se puo' ammettersi che  una  legge  con  effetto  retroattivo
venga emessa per far fronte alla necessita'  di  contenere  la  spesa
pubblica oppure di far  fronte  ad  evenienze  eccezionali,  il  solo
interesse  finanziario  dello  Stato  non  consente  di  giustificare
l'intervento legislativo retroattivo quando esso vada ad incidere  su
altro valore di rango costituzionale quale il  legittimo  affidamento
del cittadino. 
    In  conclusione,  questa  Commissione  ritiene  rilevante  e  non
manifestamente infondata  l'eccezione  di  incostituzionalita'  della
norma di  cui  all'articolo  32  comma  4-bis  decreto-legge  78/2010
convertito   con   legge   122/2010,   nella   versione    introdotta
dall'articolo  8  comma  9  del  decreto  legislativo   n.   70/2011,
convertito con legge n. 106/2011,  nella  parte  in  cui,  dopo  aver
stabilito che "i partecipanti, diversi da quelli indicati  nel  comma
3, che alla data  del  31  dicembre  2010  detenevano  una  quota  di
partecipazione al fondo superiore al 5%, determinata con i criteri di
cui  al  comma  3-bis,  dispone  che  «sono  tenuti  a  corrispondere
un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del  5%
del  valore  medio  delle  quote  possedute  nel  periodo   d'imposta
risultante dai prospetti periodici redatti  nel  periodo  di  imposta
2010». 
    Il dubbio di costituzionalita'  si  solleva  con  riferimento  al
principio costituzionale del legittimo affidamento  desumibile  dagli
3, 53 e 97 della Costituzione. 
    La  commissione  solleva  altresi'  questione   di   legittimita'
costituzionale della norma di cui al comma  3-bis  dell'art.  32  del
decreto-legge 78 2000 e  10  convertito  con  legge  122  2010  della
versione introdotta dall'articolo otto  del  decreto  legislativo  70
2011 convertito con legge 100 su 2011, norma che recita, e' opportuno
ripeterlo: "Ferma restando l'applicazione degli articoli 6, 8 e 9 del
decreto-legge  25   settembre   2001,   n.   351,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, ai fondi diversi
da quelli di cui al  comma  3,  i  redditi  conseguiti  dal  fondo  e
rilevati nei rendiconti di gestione sono imputati per trasparenza  ai
partecipanti,  diversi  dai  soggetti  indicati  nel  comma  3,   che
possiedono quote di partecipazione in misura superiore al 5 per cento
del patrimonio del fondo. La percentuale di partecipazione  al  fondo
e' rilevata al termine del periodo  d'imposta  o,  se  inferiore,  al
termine del periodo di gestione del fondo, in proporzione alle  quote
di partecipazione da essi detenute.  Ai  fini  della  verifica  della
percentuale  di  partecipazione  nel  fondo  si  tiene  conto   delle
partecipazioni detenute direttamente o indirettamente per il  tramite
di societa' controllate, di  societa'  fiduciarie  o  per  interposta
persona.  Il   controllo   societario   e'   individuato   ai   sensi
dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del  codice  civile  anche
per le partecipazioni possedute da soggetti diversi  dalle  societa'.
Si tiene altresi' conto delle partecipazioni  imputate  ai  familiari
indicati nell'articolo 5, comma 5, del Testo unico delle imposte  sui
redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917. Il partecipante e' tenuto ad attestare alla societa' di
gestione del  risparmio  la  percentuale  di  possesso  di  quote  di
partecipazioni detenute ai sensi del presente comma. Per  i  soggetti
che possiedono quote di partecipazione in misura non superiore  al  5
per cento, individuate con  i  criteri  di  cui  al  presente  comma,
nonche' per i soggetti elencati nel comma 3, resta fermo il regime di
imposizione dei proventi di cui all'articolo 7 del  decreto-legge  25
settembre 2001, n. 351 convertito, con modificazioni, dalla legge  23
novembre 2001, n. 410». 
    Nulla quaestio quanto alla rilevanza della norma ora in esame, in
quanto  la  signora  Mossetto  si  e'  vista   negare   il   rimborso
dell'imposta sostitutiva di euro 102.205,00  proprio  in  virtu'  del
fatto che la stessa, pur detenendo quota di partecipazione  ai  fondi
sopra menzionati in misura inferiore al 5%, per effetto del  possesso
di quote di partecipazione dei medesimi fondi da parte  del  fratello
e' venuta a superare la soglia di legge. 
    Quanto alla non manifesta infondatezza della  questione,  ritiene
la  commissione  che   effettivamente   si   possa   dubitare   della
legittimita'  costituzionale  della  norma  ora  in  esame  ai  sensi
dell'articolo 53  costituzione  secondo  cui  «tutti  sono  tenuti  a
concorrere alle spese  pubbliche  in  ragione  della  loro  capacita'
contributiva». 
    La capacita' contributiva va definita come l'idoneita'  economica
dell'individuo a concorrere alle spese pubbliche, la quale si esprime
attraverso indici economicamente valutabili, quali un patrimonio,  un
reddito, una spesa  per  consumi  o  investimenti;  fenomeni,  cioe',
sempre  suscettibili  di  valutazione  economica  (mentre   sarebbero
incostituzionali imposte che colpissero fenomeni diversi, per esempio
lo stato civile di una persona). Questa interpretazione del principio
di cui all'articolo 53 e' stata accolta pienamente anche dalla  Corte
costituzionale che, fin dalla sentenza numero 45 del 1964,  affermava
che:  «Per  capacita'  contributiva  si  deve  intendere  l'idoneita'
economica del contribuente a corrispondere  la  prestazione  coattiva
imposta». 
    Ora, pur comprendendo le esigenze antielusive della  disposizione
secondo cui, ai fini del calcolo della percentuale di  partecipazione
al  patrimonio  del  fondo,  deve  tenersi   conto   altresi'   delle
partecipazioni imputate ai familiari indicati nell'articolo 5,  comma
5 del TUIR (nel caso di specie, si ripete che la signora Mossetto  e'
titolare di una quota di partecipazione al fondo pari al 2,43% ma  il
fratello  risulta  possessore  di  una  quota  di  partecipazione  al
medesimo  fondo  pari  al  3,82%  del  patrimonio  complessivo,   con
conseguente superamento della soglia del 5%), ritiene la  Commissione
che tale disposizione non sia conforme al principio di cui sopra,  in
quanto commisura la tassazione del soggetto non gia' soltanto al  suo
patrimonio ma anche a quote di un patrimonio altrui di cui non  gode,
non fruisce e che quindi non puo' essere considerato  ai  fini  della
sua capacita' contributiva.  Inoltre,  se  la  finalita'  antielusiva
potrebbe considerarsi prevalente e preminente nel caso  di  familiari
conviventi, cui il contribuente potrebbe  artificiosamente  intestare
le  quote  onde  non   essere   assoggettato   all'imposizione,   non
altrettanto puo' dirsi per familiari non conviventi e in  ipotesi  da
anni non in rapporti con il contribuente e residenti magari in  terre
lontane, delle cui quote verrebbe quindi a tenersi conto  in  maniera
del tutto ingiustificata. 
    La nonna sembra avere che una portata discriminatoria, in  quanto
collega la tassazione ad un elemento del tutto casuale, in quanto  da
un lato prevede la non  tassazione  del  contribuente  possessore  di
quote di partecipazione al fondo inferiore al 5% e privo di familiari
e/o di familiari titolari di quota  non  comportante  un  superamento
della  soglia,  dall'altro  la  tassazione  invece  del  contribuente
possessore di quote di partecipazione al fondo  ugualmente  inferiori
al 5% ma, senza sua "colpa", con  familiari  titolari  di  una  quota
comportante il superamento della soglia. 
    Per le ragioni di cui sopra,  pertanto,  la  commissione  solleva
altresi' questione di legittimita' costituzionale della norma di  cui
al comma 3-bis dell'art. 32 del decreto-legge 78 2000 e 10 convertito
con legge 122 2010 della versione introdotta dall'articolo  otto  del
decreto legislativo 70 2011 convertito  con  legge  100  su  2011  in
relazione all'articolo 53 costituzione. 
    Gli atti vanno pertanto rimessi alla Corte costituzionale per  il
giudizio. Il presente giudizio deve essere sospeso.